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Scampi alla busara: la ricetta della specialità di pesce triestina

Preparazione: 15 Min
Cottura: 25 Min
Difficoltà: Facile
Dosi per: 4 persone
A cura di Ilaria Cappellacci
60
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ingredienti
Scampi
1 kg
Pomodori pelati
300 gr
Olio extravergine di oliva
4 cucchiai
Pangrattato
2 cucchiai
Aglio
1 spicchio
Prezzemolo
1 ciuffo
Vino bianco
1/2 bicchiere
Peperoncino secco
q.b.
Sale
q.b.

Gli scampi alla busara sono un secondo di pesce saporito e molto gustoso tipico di Trieste, anche se i suoi natali sono contesi tra le regioni del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. Un piatto semplice e prelibato, che prenderebbe il nome dalla buzara, ovvero la pentola di ferro in cui un tempo venivano cotti i crostacei, perfetto da portare in tavola per una cena tra amici o per un pranzo a base di pesce.

Prepararli è semplicissimo. Gli scampi vengono fatti insaporire per pochi istanti in una padella con un fondo di olio, aglio e pangrattato, quindi vengono sfumati con il vino bianco e, infine, vengono cotti in guazzetto, coperti con un coperchio, insieme ai pomodori pelati spezzettati. Una vera prelibatezza, da cospargere a fuoco spento con qualche fogliolina di prezzemolo tritato e servire insieme a fette di pane casereccio tostato, pronte ad accogliere tutto il sughetto.

Se desideri, puoi anche farne in abbondanza e utilizzare poi quelli avanzati per preparare l’indomani un primo espresso: ti basterà lessare al dente gli spaghetti, o altro formato lungo a tua scelta, in acqua bollente leggermente salata e poi saltarli brevemente, su fiamma bassa, insieme al condimento.

Quando di stagione puoi sostituire i pomodori pelati con i pomodorini freschi, più dolci e succosi oppure, se non ami il piccante, puoi omettere il peperoncino. L’importante sarà acquistare dei crostacei freschissimi, preferibilmente dalla tua pescheria di fiducia, con occhi lucidi e carapace ben attaccato al corpo.

Scopri come preparare gli scampi alla busara seguendo passo passo procedimento e consigli. Se ti è piaciuta questa ricetta, prova altri piatti con gli scampi.

Come preparare gli scampi alla busara

Pulisci gli scampi: stacca le antenne 1.

Con un coltello ben affilato incidi il carapace 2 ed elimina il filamento scuro dell'intestino; quindi sciacqua i crostacei sotto l'acqua corrente e lasciali scolare per bene.

In una padella capiente lascia imbiondire lo spicchio d'aglio con l'olio extravergine di oliva 3.

Spezia con il peperoncino 4.

Unisci il pangrattato 5.

Lascia insaporire per qualche istante, mescolando in continuazione con un mestolo di legno 6.

Disponi gli scampi nella padella, uno affianco all'altro e senza sovrapporli 7.

Sfuma con il vino bianco 8.

Aggiusta di sale 9.

Aggiungi i pomodori pelati spezzettati 10.

Copri con il coperchio 11 e prosegui la cottura su fiamma dolce per circa 20 minuti.

Quando il sughetto di cottura sarà ben ristretto 12, leva dal fuoco.

Profuma con il prezzemolo tritato 13.

Disponi gli scampi alla busara in un tegame di terracotta 14, porta in tavola e servi.

Conservazione

Gli scampi alla busara si conservano in frigo, in un contenitore ermetico, per 1 giorno massimo.

Curiosità e origini

L’etimologia del nome busara, o buzara, è piuttosto incerta. Secondo alcune fonti, con questo termine, si farebbe riferimento a una grossa pentola, di ferro o terracotta, in passato utilizzata dai pescatori per preparare i pasti a bordo dei pescherecci. Secondo altre, invece, il vocabolo deriverebbe dalla parola dialettale busiaria che, letteralmente, significa bugia o imbroglio: questo perché un tempo gli scarti dei crostacei invenduti venivano “imbrogliati”, ovvero nascosti dai ristoratori, sotto al sughetto di pomodoro, facendo così passare per prelibata quella che in realtà era una zuppa di avanzi poco pregiata.

Questioni linguistiche a parte, sembra che gli scampi alla busara, divenuti parte integrante della cultura gastronomica triestina, abbiano subito chiare influenze dalmate-istriane. Anche in questo caso la storia non è chiarissima, ma alcuni vorrebbero questo piatto nato proprio nelle cucine della città di Fiume, tanto che, a tesserne le lodi, ci pensò già nel XIX secolo Antonio Papadopoli, comico e gastronomo veneto il quale, nella sua bizzarra opera datata 1866 e intitolata Gastronomia sperimentale, esaltò Fiume per i suoi scampi ancor più che per la bellezza delle sue donne.

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